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Il lento viaggio in treno da New Delhi a Jaipur

Il lento viaggio in treno da New Delhi a Jaipur

Interno del Palazzo dei Venti, interno

Il weekend è finalmente arrivato; mollo pertanto il lavoro e all’alba prendo il treno con mia madre diretto nella capitale della regione indiana più gettonata: il Rajasthan. Avevamo prenotato i posti durante la settimana al piano superiore della stazione di New Delhi; dedicato agli stranieri che viaggiano nel paese con questo mezzo di trasporto solitamente super affollato.

Non stupisce quindi che le code per prenotare un biglietto siano lunghissime e che il servizio dei trasporti abbia investito per risparmiare ai viaggiatori stranieri questa noiosa e asfissiante attesa senza fine. Comodamente sedute sui divani del piano superiore, avevamo quindi deciso di viaggiare in prima classe per Jaipur; così, alle 6.00 di mattino ci troviamo sul binario colmo di passeggeri e cerchiamo il nostro vagone.

Nell’oscurità della mattina, osservo visi smunti che trasportano enormi pacchi bianchi su carrelli arrugginiti, visi smunti che mi fissano, con quei occhi lucidi e vividi, in contrasto con ogni restante fibra del corpo.

Troviamo una lista di nomi scritti su carta attaccata a ogni entrata del mezzo. “Che cosa strana!” commento mentre cerco di scorgere i nostri nomi. “Eccoli!” urla mia madre indicandoli. Già, sono proprio lì nero su bianco, scritti in alfabeto latino, in risalto tra gli altri scritti in hindi.

Salite a bordo, ci rilassiamo sui larghi sedili della spaziosa carrozza drappeggiata con calde tinte color pastello. L’ambiente è strutturato come l’interno di un aereo: tutte le fila sono di doppi posti rivolti verso il senso di marcia. Nella vettura appare una specie di hostess che ci porge dei giornali freschi di stampa.

Il treno parte, lasciamo con gioia la capitale ancora avvolta nelle tenebre sfilando attraverso le angosciose slum della periferia, colme di bambini indaffarati a lavarsi i faccini come meglio possono, di donne dai sgargianti sari accovacciate su fumosi calderoni, di ombre pronte a iniziare un’altra giornata di sopravvivenza.

Perché mi sento in colpa? Perché continua questa odiosa strisciante sensazione che non voglio ascoltare, ma continua a risalire testarda nella mia pigra mente? Sono le mie stelle ad aver così deciso o entro nella grande ruota dell’ingiustizia sociale?

Il flusso di pensieri è interrotto dall’arrivo dell’hostess che ci porge due vassoi contenenti la nostra colazione: fette biscottate, marmellate e formaggini. Rimaniamo sorprese dallo splendido servizio; mentre sorridente l’hostess ci chiede: “Coffee or tea?” “Black tea, please” Rispondiamo in coro. Le gialle tazze di plastica vengono riempite dal fumante liquido scuro, aromatico fumo che mi annebbia i sensi e mi culla sul molle sedile mentre fuori il sole si decide a far capolino sui nebbiosi campi di riso.

Il viaggio è lungo, il treno scorre lentissimo e spesso si ferma per motivi che non comprendo. Mi alzo per usare i servizi e scopro la porta del vagone aperta e gente che si affaccia tranquillamente fuori mentre siamo in marcia. Comprendo così che alcune famiglie vivono in piccole tende improvvisate lungo i binari e sopravvivono grazie al transito dei treni: c’è chi chiede cibo, chi lo vende ai viaggiatori affacciati alle finestre, c’è chi semplicemente osserva e sorride. Il macchinista è costretto a non viaggiare ad alta velocità per non rischiare di investire qualche sprovveduto o semplici bambini che giocano troppo vicino ai binari.

Un po’ impaziente, preferisco addormentarmi sul sedile imitando mia madre; piuttosto che innervosirmi ulteriormente per la lentezza del mezzo; sono anche stufa di vedere solo campi e campi di riso, con qualche albero disseminato qui e là; meglio dormire e recuperare l’energia per dopo.

Arriviamo a Jaipur 5 ore dopo, pronte per la sfida di trovare mezzo e pensione; arriviamo!Per altre avventure di viaggio, clicca qui.

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