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Il Palazzo dei Venti e l’Osservatorio astronomico a Jaipur

Il Palazzo dei Venti e l’Osservatorio astronomico a Jaipur

Centro di Jaipur. Foto di Marco Perolini

Un nugolo di tassisti di rickshaw si accalca attorno a noi non appena lasciamo la stazione; scegliamo quello più sorridente a cui affidiamo l’indirizzo della nostra pensione. “Quella?” ci chiede incredulo “Quella pensione è sporca, non va bene per voi signore! Vi porto io in una migliore!”

Avevo passato mezza giornata a cercare una stanza libera nell’intera città e l’unica che avevo trovata era “quella”. “No grazie, ci porti lì” rispondo.

“Va bene, ma aspetto fuori se cambiate idea” accetta il premuroso tassista e così fa. Certo, l’ostello non è il massimo dell’eleganza, i muri sono anneriti e c’è il solito odore di candeggina, ma per una notte si può fare.

Sbrighiamo le formalità e usciamo per una passeggiata; prima tappa: il Palazzo dei Venti. Jaipur, capitale del Rajasthan, senz’altro più piccola di New Delhi, ma trafficata e affollata come la grande metropoli; neri rickshaw che strombazzano e sorpassano le centinaia di biciclette che si affaticano a procedere nell’incasinato traffico, camionette e macchine arrugginite, autobus retro stracolmi…I soliti bambini che ti fermano chiedendoti soldi e cui noi puntualmente diamo cibo, bellissime ragazze ingioiellate di vistosi sonagli che trasportano merci sulla testa, barbieri che radono a cielo aperto, mercanti, santoni e scimmie, castane e sornione scimmie che girovagano ovunque e ti adocchiano di soppiatto.

La gente è indaffarata nella preparazione dell’Holi, la grande festa di primavera in cui si celebra la famiglia e il rito di passaggio della stagione. Siamo a inizio marzo, la primavera è arrivata come una folgore, facendomi abbandonare la giacca per le maniche corte; già quasi fosse estate. Ragazzi preparano in giro per le strade fascine di paglia da trasformare in grandi falò.

Il Palazzo dei Venti

Palazzo dei Venti, visto dall’Osservatorio astronomico. Foto di Marco Perolini

I palazzi del centro storico sono di un color rosaceo, dovuto sia all’utilizzo della pietra arenaria, sia alla pittura imposta per legge municipale; visto che il rosa è il colore ufficiale di Jaipur. Arriviamo all’ingresso dello splendido Palazzo dei Venti o Hawa Mahal, così chiamato per le correnti d’aria create dalle 953 finestre dell’alta facciata rosea.

Costruita nel 1799 per ordine del Marajà Sawai Pratap Singh, lo scopo dell’edificio era di consentire alle donne della corte, cui era vietato mostrarsi in pubblico, la possibilità di assistere agli eventi cittadini, come parate, senza essere viste dalla comune gente. In questo modo potevano affacciarsi a una delle numerose finestre del palazzo e assistere agli importanti avvenimenti della capitale rispettando la tradizione.

Sono in corso lavori di restauro e le impalcature, una ragnatela di travi instabili su cui mai lavorerei, limitano di cogliere la bellezza integra della facciata, eretta a modello della corona di Krishna, con molli linee curve, cesellate con forme che ricordano quelle di un gigantesco alveare.

Dietro alla facciata

Lo stile barocco della facciata, contrasta con il bianco interno più semplice; percorriamo il cortile aperto e saliamo le scale che conducono alle balconate dove si affacciavano le nobili cortigiane. I corridoi sono stretti, mentre le finestre giocano con i pieni e i vuoti; io e mia madre ci divertiamo a sporgerci dai fori in diverse posizioni, abbassandoci per uscire e salutandoci dai lati opposti. La posizione è piacevole, la vista sulla strada è ottima e una leggera brezza ci accarezza il viso.

Dalla finestra. Foto di Marco Perolini

L’Osservatorio astronomico Jantar Mantar

Yantra dell’osservatorio astronomico

Dall’alto del palazzo dei Venti, la mia attenzione era stata colta da strane costruzioni erette dietro al Palazzo: sembravano scivoli enormi e proprio non sapevo immaginare a cosa mai potessero servire. Con la guida in mano, scendiamo la strada del centro storico e ci ritroviamo di fronte all’arcano.

Leggo sulla mappa che qui si trova l’antico Osservatorio astronomico voluto dal marajhà Sawai jay Singh II, completato dal 1734, il meglio conservato dei vari siti costruiti nello stesso periodo e patrimonio dell’Unesco.

La mia curiosità mi spinge a entrare. Non capisco molto come queste scalinate ascendenti ed enormi emisferi interrati colmi di linee geometriche potessero essere strumenti utilizzati per calcolare i movimenti dei corpi celesti da qui visibili. Mi dicono che veniva usato il sistema tolemaico, ma ne so quanto prima.

Yantra a forma di emisfero. Foto di Marco Perolini

Scopro che il posto si chiama Jantar Mantar, dagli yantra; questi strani strumenti usati per il calcolo astronomico. Resto comunque impressionata dalla volontà del Marajhà di conquistare nozioni astronomiche, tanto da far costruire altri 5 siti in tutta l’India del Nord.

 

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