Avventure al Taj Mahal, la bellezza del candore islamico
Avventure al Taj Mahal, la bellezza del candore islamico
Passata la notte su un autobus guidato da un folle autista che ci spingeva a tutta birra da Jaipur ad Agra, arrivo a destinazione distrutta e indolenzita in compagnia di mia madre, che al contrario sembra fresca e piena di energia. Le iniezioni di antitetanica e antirabbica si fanno sentire; la mia fronte scotta e suggerisco di trovare un albergo dove aspettare l’apertura dei monumenti.
Sono le 5.00 della mattina, l’aria è umida e il cielo ancora scuro. Accanto alla fermata dell’autobus troviamo un piccolo albergo dove chiediamo una stanza. Mi butto sul letto lindo e cerco di prendere sonno, mentre mia madre mi parla eccitata delle sue memorie di un paio di decenni fa. “Non posso credere di essere qui!” mi confida “Quando avevo 20 anni avevo un ragazzo indiano; ricordo che a casa sua conservava sul comodino una scatola con sopra disegnato il Taj Mahal. Mi pareva così bella quell’immagine, tanto da desiderare di visitarlo. Ma a quei tempi era un desiderio impossibile. Se penso che tra poco lo vedrò…non sto nella pelle!”
Avevo già sentito questa storia tempo fa, ancora bambina; sorrido e mi rigiro pensando che io e mia madre non siamo poi così diverse. Non riesco a dormire, così dopo un paio di ore scendiamo nella hall per fare colazione. Il panciuto signore dell’accoglienza ci chiede se vogliamo avere un autista per tutto il giorno: “Oggi è Holi, potreste avere problemi!” “Sì, è una buona idea avere un rickshaw per tutta la giornata, mamma” convengo. “Va bene, tu sai meglio di me.” Ci concordiamo sul prezzo e un simpatico indiano baffuto sui trent’anni ci viene a prendere dopo mezz’ora circa.
“Sapete che oggi è Holi, vero?” ci chiede l’autista in tono paterno. “Si, lo sappiamo” rispondo. “Allora state attente, qui giocano male! Non accettate inviti da nessuno e state attente ai lanci di colore!” conclude lasciandoci all’ingresso del Taj Mahal. “Va bene grazie” rispondiamo in coro; ma la cosa non ci preoccupa minimamente: stiamo per visitare una delle 7 meraviglie del mondo; dopo una notte in un bus sgangherato e il morso di un cane di strada, cosa vuoi che siano dei lanci di polvere colorata?
All’ingresso del monumento, una coppia di giovani ragazzi ci vende il biglietto e ci chiede: “Possiamo colorarvi un po’ il viso?” “Va bene!” rispondo e subito le sue veloci mani mi ricoprono guance e fronte di un verde opaco acceso. Mia madre mi imita e si lascia dipingere con lo stesso colore. Il ragazzo se la ride e continuerebbe nella sua opera se sorridente non lo avessi fermato dicendogli che vogliamo entrare. Un pochino deluso, ci indica sornione la strada.
La bellezza senza tempo del Taj Mahal
Entriamo attraverso il portale costruito in pietra arenaria rossa e sormontato da una grossa cupola in stile Moghul; dall’enorme ingresso appare al termine di un lungo giardino rettangolare solcato da canali d’acqua il candido e compatto Taj Mahal. Il marmo bianco delle sue mura sembra riflettere il grigiore del cielo sopra Agra, trafitto dai quattro eleganti minareti agli angoli del Mausoleo. Le forme e le linee che lo compongono sono da una parte dolci e sinuose, dall’altra equilibrate e sobrie; sarà forse questa peculiarità, insieme alla raffinatezza dei materiali e le misure proporzionate, ad averla insignita tra le 7 meraviglie del mondo contemporaneo. Il riflesso del Taj Mahal nei canali che che si allungano nel curato e verde giardino antistante raddoppia quel senso di sublime che il visitatore prova davanti al capolavoro dell’architetto Ustad Amhan Lahauri (non tutti gli storici concordano).
Mi piace pensare che tale meraviglia sia frutto dell’amore potente del re moghul Shah Jahan per sua moglie Mumtaz Mahal; morta durante il parto del loro 14esimo figlio. Si dice che al re diventarono di colpo bianchi tutti i capelli per il dolore della perdita della sua favorita. Per onorare e mantenere una promessa fatta alla moglie, il re ordinò la costruzione del Mausoleo, opera che fu completata in 20 anni di lavoro e vide l’utilizzo non solo del pregiato marmo bianco del Makrana, ma di pietre preziose e semi preziose, come giada, diaspro, lapislazzuli e zaffiri dall’Afghanistan alla Cina.
Il re Jahan decise di costruire il Mausoleo ad Agra per facilitare il trasporto dei materiali, utilizzando il fiume Yamuna; a New Delhi il costo sarebbe stato infatti proibitivo. Tra le migliaia di artigiani venuti da varie regioni del mondo, ci fu anche un italiano: Geronimo Veroneo. L’opera fu completata nel 1654. Il figlio del re Shan Jahan, al compimento dell’opera, depose e fece imprigionare il padre. All’interno del Mausoleo, oltre al corpo della moglie Mahal, si trova anche il sarcofago con i resti del re Jahan, lì fatto tumulare dal figlio, contro il suo volere.
Visita del sito tra indiani
Percorriamo felici il sentiero curato lungo il canale; stranamente il posto è pieno di turisti indiani, mentre ben pochi sono gli occidentali che scorgo. Come al solito vengo fermata ogni 10 paesi per le rituali foto di gruppo assieme a decine di ragazzi che mi chiedono di posare con un sorriso a 34 denti. Non rifiuto le continue richieste; ma vorrei tanto poter avere 5 minuti di solitudine per ammirare come si deve il Taj Mahal.
Finalmente entro attraverso l’arco olivato, collocato sopra una base rettangolare alta 7 metri, struttura simile a quella della Humayun Tomb. Le candide pareti sono decorate da leggere decorazioni floreali con pietre dure ed essenziali scritte del Corano lungo i bordi degli archi ogivali. All’interno i sarcofagi dei due sposi sono circondati da una grata che stona con l’essenzialità del monumento.
Visitiamo la Moschea costruita in pietra arenaria che si trova al centro del lato occidentale e il Jawab (la casa degli ospiti), costruito sul lato opposto in modo da mantenere l’equilibrio simmetrico del complesso. Mi perdo a osservare le decorazioni bianche delle cupole interne che contrastano con il rosso della pietra arenaria; per poi affacciarmi agli archi olivati e ammirare le perfette proporzioni del bianco Taj Mahal che di nuovo sorge di fronte a me.
Vorrei poter rimanere qui fino al tramonto, ma il tempo stringe e riprendendo mia madre per il braccio, ci dirigiamo verso la fortezza di Agra, a malincuore.
Suggerimenti: Se programmate una visita, ricordatevi che il Taj Mahal è chiuso il venerdì!
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