Arte e CittàIndia

I templi induisti di Kajuraho

I templi di kajuraho nell’area occidentale

Non appena l’arsura inizia a diminuire, inizio a visitare i templi situati nella parte occidentale del paese, i più visitati. Costruiti tra il X e XI secolo, i templi di Kajuraho erano più di 80 in un area di venti kmq; l’arrivo dell’Islam nel Nord del paese nel XIV segna la distruzione di numerosi templi e lo sfregio di varie statue. Sopravvivono solo 25 templi, arrivati intatti nella nostra epoca grazie alla posizione isolata del posto e alla giungla che aveva inghiottito la maggiorparte di essi.

Nel  corso dei secoli, alcuni yoghini vivevano qui di nascosto e ogni anno i templi venivano visitati da induisti in pellegrinaggio; finché nel 1830 l’esploratore inglese T.S. Burt, scoprendo il luogo in uno dei suoi viaggi, rende noto al mondo Kajuraho.

Solo Kamasutra???

La maggior parte dei visitatori è interessata solo alle statue che rappresentano varie posizioni del Kamasutra, statue e sculture oggetto di discussioni da parte di storici e critici da decenni. La dinastia Chandela fece costruire questi templi per conservare l’identità induista durante l’espansione dell’Islam nel Nord del paese;  un messaggio di verità e libertà. Le bellissime apsara, scolpite in ogni dove sono la rappresentazione della vita: madri, amanti, divinità, demoni, musiciste…L’amore in ogni forma fa parte della vita in ogni suo stadio. Verità e bellezza attraverso cui giungere alla salvezza. La dicotomia tra il sesso e la spiritualità non poteva essere rappresentato in miglior modo nell’arte dei templi di Kajuraho.

La bellezza qui è davvero notevole, le forme architettoniche sono qualcosa di unico al mondo; cerchio e quadrato sono le basi di costruzione, da cui emerge il jagati (la piattaforma sulla quale si erge il tempio). L’entrata è stretta; si passa attraverso i madapa, ovvero portici sormondati da una cupola. L’interno è invece ricoperto da uno o più sikhara, le cupole decrescenti riccamente ornate in stile dilwara.

Kandariya Mahadeva, Matangeshwara, Vishvanatha e Lakshmana

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

I tre templi del sito, Kandariya Mahadeva, Matangeshwara e Vishvanatha, sono dedicati  a Shiva; nel loro interno si può quindi trovare il classico linga (il fallo della divinità) presente nei templi induisti. Il tempio di Lakshmana è invece dedicato al dio Vishnu. Le alte colonne immerse nella penombra contrastano con la luminosità dell’esterno resa grazie alla pietra arenaria utilizzata. I blocchi sono stati assemblati senza l’utilizzo del cemento, ma con un sapiente utilizzo di incastri.

Il Kandariya, alto 31 metri, è il tempio maggiore. Le sue mura esterne sono circondate da tre ordini di pannelli letteralmente ricoperti da statue in ogni singola rientranza. Le scene del Kamasutra in comunione con lo yoga si alternano ad apsara musiciste, ballerine o ritratte in gesti quotidiani come l’allattamento e cosmetica. Statue di Shiva si alternano a Visnhu e Rati; appaiono anche scene di guerra con elefanti e soldati in posizioni erotiche.

Il Minore Vishvanatha presenta gli stessi stilemi architettonici con alcune particolarità; la base è decorata da nicchie contenenti statue delle sette divinità, un giocoso Ganesh danzante e la moglie di Shiva, Parvati. Ai lati del tempio continuano i tre ordini di pannelli raffiguranti scene erotiche.  Mi colpisce all’interno la bellezza delle apsara rappresentate; una di loro scolpita di schiena mentre suona il fluto, un’altra nell’atto di togliersi una spina dalla pianta del piede, un’altra ancora che si pettina in modo sensuale.

Il tempio Lakshamana presenta dimensioni minori, ma un jagati più alto dal quale ammirare l’esterno.  I muri sono decorati da balaustre con sculture erotiche, tra cui sesso con bestie. Tra le raffigurazioni sacre ci sono le dieci raffigurazioni di Vishnu, la dea Lakshmi e Brahma. All’interno Visnhu è raffigurato con quattro braccia, una testa di cinghiale, una di leone e una umana.

Non mi resta che entrare nel piccolo e spoglio Matangeshwara, l’unico tempio ancora in uso. Salgo le ripide scale e mi ritrovo avanti un enorme linga di due metri e mezzo. Impressionata dal fallo che riempie praticamente tutta la stanza, vengo chiamata dal vecchio sacerdote seminudo. Mi avvicino e lesto lesto il sacerdote mi segna un bindi scarlatto sulla fronte. Ringrazio con un namaste e qualche rupia. Sazia di splendore, torno in albergo in solitudine.

Fonte

2 pensieri riguardo “I templi induisti di Kajuraho

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *