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Lago di Issik Kul, Kirghizistan. Racconto di viaggio

Lago di Issik Kul. Racconto di viaggio

Riva del lago Issik-Kul
Riva del lago Issik-Kul

 

Il lago di Issik –kul (“lago caldo” in kirghiso) è una perla tra le vette del Tian Shan. Il secondo lago più grande al mondo per altezza (si trova infatti a 1609 metri sopra il livello del mare) ha la particolarità di non ghiacciarsi mai. Lungo circa 180 km e largo 70 km, raggiunge i 668 metri di profondità.

Meritevole di una visita anche di più giorni, non solo per la bellezza del panorama, per la presenza di spiagge sabbiose dove è possibile rilassarsi in tranquillità e di fonti termali ricche di minerali; ma anche per esplorare le valli che si aprono all’interno delle alte montagne circostanti. Nel lato Nord si trovano la valli di Gregorievka e Simeonevka; mentre a Sud quella di Barskoon e dal lato Est attraverso Karakol.

Racconto di viaggio

Lungo il viaggio
Lungo il viaggio

Parto con il mio compagno Dimitar da Bishkek con la solita marshutka, riuscendo a sederci sui posti posteriori, non proprio comodi. Il panorama che si scorge in queste 6 ore di viaggio ripaga della fatica: attraverso strette gole di roccia rossastra, verdi vallate dai dolci declivi selvaggi popolati qua e là da pastori con i loro greggi, picchi rocciosi acuminati dalle forme fantasiose, si raggiunge infine il primo villaggio sul lago; Balykchy, che pare una cittadina di pescatori. Nel passato chi arrivava qui per villeggiatura, doveva pagare una tassa e la cittadina rappresentava il punto di passaggio obbligato già durante l’epoca della Via della seta.

Montagne in lontananza
Montagne in lontananza

Decidiamo di proseguire fino a Karakol, esattamente dalla parte opposta del lago. Fuori piove e il lago continua a essere una presenza costante alla nostra sinistra, anche se appare dai finestrini appannati. Sulla destra la catena dello Tian Shan domina con forza; dalle valli che spuntano lo sguardo si perde sopra i boschi di conifere e mi torna in mente il bellissimo libro dello scrittore nazionale Chinghiz Aitmatov, Il battello bianco, ambientato proprio in questi luoghi.

Arriviamo nel tardo pomeriggio a Kara-kol, sfiniti. Chiediamo se ci sono altre mini-bus per il tratto meridionale, ma l’ultimo è partito da poco. Un gruppo di tassisti ci chiede con insistenza dove vogliamo andare; noi prendiamo tempo e alla fine l’autista stesso, a cui chiediamo consiglio, ci porta in un albergo di sua conoscenza. Lo vedo più tardi incassare la metà della spesa del nostro soggiorno. “Gli affari sono uguali ovunque” penso.

Far West a Karakol

Karakol
Karakol

Karakol appare come una cittadina da Far-West: al limite di ogni luogo abitato, poco prima delle valli che si aprono nei solidi rilievi, le poche basse case sparse ai lati di una terrosa strada fanno crescere un senso di solitudine irrequieta, come se i venti giunti dai monti avessero con sé gli echi di spiriti antichi.

Partiamo la mattina seguente con la solita marshutka per Tamga, un villaggio situato circa a metà della costa meridionale. La strada si snoda ancor più lungo il lago; la giornata è serena ed è un piacere per gli occhi ammirare il blu cobalto delle acque sotto il cielo terso e le montagne al limite che si ergono come pilastri azzurri adornati sulle cime da sbuffi di neve perenne, quasi come  fossero nuvole.

Vecchio kirghiso
Vecchio kirghiso

Un vecchio kirghiso attacca bottone; sotto il suo bianco cappello tradizionale, vispi occhi incuriositi dalla nostra presenza emergono dall’intricata tela di rughe profonde. Ci racconta dei suoi viaggi in Russia e Germania, di come si sia distinto nell’esercito sovietico conservando con cura le medaglie conquistate. Il suo compagno di viaggia resta silenzioso ad ascoltarci.

La spiaggia solitaria

Scendiamo a Tamga e piantiamo subito la tenda sulla larga spiaggia dorata che si apre lungo il lido silenzioso; siamo completamente soli. Accanto c’è una pensione per i veterani dell’esercito dal cui molo partono una decina di kayak pieni di giovani per l’esercitazione giornaliera. Mi decido a inoltrarmi nelle limpide acque; riesco a immergermi totalmente e a fare un paio di bracciate, ma non resisto oltre: l’acqua è ancora gelida a fine maggio. I miei studenti mi avevano raccontato di passare spesso le estati qui, ma credo che a fine luglio sia tutt’altra cosa.

Lido a Tamga
Lido a Tamga

Nel pomeriggio decidiamo di recuperare l’acqua potabile di cui siamo a corto. Torniamo sulla strada principale in cerca di un negozio; restiamo purtroppo a bocca asciutta dal momento che tutto è chiuso. Da un ristorante compare un ragazzo che porta dei grossi recipienti nella sua utilitaria. Gli chiediamo se possiamo comprare dell’acqua da lui. “Non posso vendervi nulla qui. L’unico negozio aperto è in centro e dista 3 km.” Ci guardiamo sconsolati all’idea di passare il pomeriggio a camminare, ma l’acqua è una necessità. Il ragazzo sembra aver capito la nostra pigra esitazione e si offre di portarci in centro con la sua macchina. Noi accettiamo subito. Murat è sulla ventina d’anni, di statura media e corporatura energica, come la maggior parte dei ragazzi kirghisi della sua età. I lineamenti leggermente appuntiti contrastano con l’innocenza del suo sguardo infantile.

Il cavaliere kirghiso

A cavallo
A cavallo

Fuori dal negozio arriva a trotto un altro giovane del posto, probabilmente un contadino, con gli abiti da lavoro sgualciti e sporchi. Si intrattiene a parlare con Murat e sputa a terra sorridendo beffardo. Ci saluta parlando un russo stentato, quasi divertito della nostra presenza. Murat chiede al mio compagno se vuole salire sulla groppa del cavallo castano che gli sta di fianco. In un batter d’occhio vedo Dimitar saltar sul suo dorso e con una sferrata sparire all’orizzonte cavalcandolo tanto sicuro di sé da farmi rimanere basita. Riappare sulla strada impolverata, incontrando un vecchio a passeggio che squadrandolo approva: “Dobre, dobre”. Scende con agilità, sorridendo a modo suo. I due ragazzi kirghisi lo guardano divertiti e mi invitano a fare lo stesso.

Io, reduce di alcune lontane lezioni di equitazione, faccio fatica a inforcare la staffa più alta del solito, ma non desisto. Il seggio è costituito solo da una coperta legata al dorso con due cinghie di cuoio e ho una paura matta di cadere. Murat, come se dovessi a tutti i costi salire, mi spinge per avambraccio e mi ritrovo sopra, con le gambe ancorate alla bestia alquanto inquieta. Da gentiluomo kirghiso, Murat afferra le redini che non sono altro che corda e mi porta a passeggio per una decina di metri.

Dimitar e Murat
Dimitar e Murat

“Certo” rimugino io “non penseranno mica che una donna, tanto più occidentale, possa cavalcare a modo loro.” Scendo un po’ insoddisfatta di non aver potuto sperimentare le mie capacità odierne, ma forse meglio così. Il cavaliere kirghiso scompare tra le strade del centro in un nugolo di polvere e Murat ci riaccompagna alla nostra tenda, non prima di averci mostrato le attrazioni del centro: il parco giochi, i bagni termali ovviamente chiusi, il municipio, la vista sul lago e la carcassa di un caccia sovietico lungo la strada. Invitiamo Murat per la cena nella nostra tenda, ma non si farà vedere.

Il ritorno
Steppa e riva
Steppa e riva

Come al solito, accendiamo il nostro falò prima che la sera cali del tutto, ma la nostra festa privata viene interrotta da un forte acquazzone che ci costringe nella tenda per diverse ore. Solo a notte fonda usciamo di nuovo, un po’ per riaccendere il fuoco visto il gelo notturno, un po’ per ammirare le centinaia di stelle che animano tremule la volta sopra di noi.

L’indomani, il tepore del chai è una benedizione: la notte all’agghiaccio mi ha causato un forte raffreddore e la tenda interna non è resistita contro l’infiltrazione d’acqua. Stendiamo tutto ad asciugare e ci prepariamo al ritorno a Bishkek.

Non abbiamo la minima idea di quando passerà la prossima marshutka, così fermo un minibus che passa scambiandolo per il nostro mezzo di ritorno. Dal finestrino si affaccia l’autista: un uomo sulla cinquantina che ritorna da una consegna. “Dove andate?” ci chiede. “A Bishkek. Quanto vuole?” “Quanto potete darmi?” Ci accordiamo per 2000 som, la stessa cifra che avremmo pagato coni mezzi pubblici. L’autista è un chiacchierone, ci mostra con un misto tra orgoglio e ospitalità i punti panoramici migliori, scusandosi di non potersi fermare per motivi di lavoro.

Spiaggia deserta
Spiaggia deserta

Il lato meridionale del lago Issik-kul è più selvaggio e meno turistico, cosa che porta gli stabilimenti della zona a essere meno cari. L’autista ci mostra il Canyon Kazka o il Canyon delle Fate, una valle piena di basse rocce d’arenaria a forma di pinnacoli, dove gli sciamani del luogo usano venire in meditazione. Poco più in avanti una statua di un guru sufi si erge dall’alto di un rilievo con le gambe incrociate, come se fosse di guardia alla regione. Sotto, sulla costa, appare una stazione balneare con numerose yurte, chiusa.

Arriviamo in serata a Bishkek, già pieni di malinconia per aver lasciato le dolci rive silenziosi della perla blu del Tien Shan, Issik-Kul.

Consigli di viaggio

Come già scritto, da Bishkek partono di frequente mini-bus che arrivano fino a Kara-kol in giornata. Il prezzo dipende dalla destinazione, ovviamente. Il biglietto fino a Kara-kol costa sui 1000 som.

Alcune destinazioni gettonate sono Tamchy, dove si trovano guest house famigliari, Cholpon Ata e Bosteri, con grandi alberghi e discoteche, ma dove la criminalità è alta, soprattutto scippi e stupri contro i forestieri. Gregorievka, Simeonevka e Ananevo sono altre alternative più tranquille. La valle di Chong Kemin offre sentieri che s’inoltrano nelle bellezze del luogo fino a 3000 metri. Da qui è possibile raggiungere Almaty, come alcuni dei miei amici alpinisti amano fare; tuttavia per noi europei rappresenterebbe un problema se non in possesso di regolare visto.

Se volete andare sul lato meridionale, le guide consigliano, oltre a Tamga, Barskoon, per passeggiate a cavallo nelle vicine montagne Terskey Ala-Too. Bokonbaevo è la destinazione per chi vuole praticare la caccia con le aquile.

Le temperature scendono molto la sera, consiglio quindi indumenti caldi, oltre a scarpe comode per il trekking. I bus non si fermano se non a richiesta, in punti in cui non ci sono vere e proprie aree di servizio; munitevi quindi di acqua e cibo per il viaggio.

Per informazioni su Bishkek, come Piazza Ala- Too, clicca qui.

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